Stupore infantile, visioni appenniniche e oltre
NELL’INCANTO GIOIOSO DEL RICORDO
Una mostra di Enrico Versari a Marradi
Ci troviamo davanti ai paesaggi in letizia di Versari, che mai prima d’ora aveva esposto visioni del nostro territorio in questa inedita atmosfera di luce gioiosa, di benessere interiore, nel quale non trovano spazio i misteriosi simboli iconici cui ci avevano abituato le sue raffinate meditazioni.
Un maestro del disegno come Versari, silenzioso esploratore di mondi interiori seguendo il filo del suo fittissimo reticolo, cede improvvisamente al richiamo del sole, dove le forme vivono esclusivamente in virtù della luce che le crea nel riverbero del suo brillìo.
Un artista che voleva parlare “sottovoce” intona adesso il canto libero dell’inno alla natura nelle sue forme più vivide e forti: l’acqua, la terra, le rocce, gli alberi, le foglie, i colori delle stagioni e talvolta, i segni della presenza umana: antichi ponticelli negli snodi dei torrenti, case abbracciate dal verde, muri di sasso, tetti e campanili che sembrano rispondere a un segreto progetto di bellezza.
E’ un ritorno, Versari stesso lo afferma, al paesaggio appenninico del suo e nostro territorio, che credevamo immutabile nella sua affettuosa persistenza, eppure si è rivelato improvvisamente fragile nelle recenti vicissitudini ambientali; e proprio questa sua debolezza ce lo ha fatto amare di più, nell’incertezza dei pericoli dai quali faremo sempre più fatica a difenderci.
Così si può spiegare questo desiderio del ritorno che Enrico Versari esprime liricamente nelle recenti opere che oggi esponiamo. Nel ritorno ricompare ciò che si è amato negli anni dell’infanzia e della prima giovinezza; e in questa riapparizione vengono restituite alla luce anche le figure di coloro che hanno saputo esprimere lo stesso amore: i pittori di Marradi.
Sono Eduardo Gordigiani, Irene Fabbri, Bianca Minucci Fabroni, e anche lo stesso Lanfranco Raparo, “mio primo maestro di disegno”, come Versari lo definisce, ponendolo tra “gli ultimi custodi di una tradizione del fare Arte”. Tradizione che ancora persiste nelle visioni paesaggistiche di Domenica Pieli.
La casa dove ha vissuto Gordigiani appare in una delle opere esposte nella mostra: un omaggio commovente a quell’artista grande, ma non sempre compreso nella sua grandezza, che trascorse l’ultima parte della vita proprio vicino a Marradi, a Popolano, nel silenzio di una inesauribile pratica della pittura, sempre ostinatamente sotto il sole pieno, appena difeso da un fragile ombrello.
Qualcosa delle sue girandole di foglie, pezzi di luce astratti in una bolgia felice, mi pare di vedere, come ringiovanite, nelle “Faggete” di Enrico Versari, come se quella musica di rinascita tornasse a risuonare in questi luoghi.
Immagini che vibrano di luce, in questo effetto sostenute con grande maestrìa dai supporti metallici che già da qualche tempo l’artista utilizza, conseguendone inediti riflessi abbaglianti.
La visione filosofica a cui Versari ci aveva abituato, quel suo purissimo e seducente rigore, quel siderale silenzio, è qui sopraffatto dalla calda vitalità di una natura tutt’altro che silente.Livietta Galeotti Pedulli
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