L’arte come atto interiore, Giovanni Gardini

 Enrico Versari appartiene a quel novero di artisti che si fatica a circoscrivere all’interno di un’unica categoria. Sarebbe riduttivo parlare di lui solo come di un pittore o di un incisore dato che abita la musica e la filosofia con la stessa passione e familiarità con cui abita le altre arti.

Il suo laboratorio per la varietà dei materiali e dei supporti – pigmenti, inchiostri, argille, carta pesta, tele, tavole, lastre di rame – ha il sapore di una vecchia bottega di artigiano, in cui la sapienza delle mani e dello sguardo dialoga con uno spirito acuto e creativo. Il suo studio è un vero e proprio spazio di sperimentazione in cui pennelli, strumenti musicali e bulini, al pari del cavalletto e del torchio, possono, idealmente, essere usati indistintamente perché parte del medesimo processo mentale.

Alla pittura en plen air nella quale il desiderio è cogliere l’essenza di un istante – un esercizio forse più intimo e personale, la cui produzione è meno nota ma non per questo meno significativa – Versari alterna il lavoro in studio – un esercizio più paziente e ponderato -, due dimensioni entrambe necessarie che si alimentano vicendevolmente e nelle quali la scelta del soggetto non è importante, ma un puro pretesto. Nella sua visione, infatti, nel disegno come nella pittura, qualsiasi cosa può costituire uno spunto interessante da cui partire, tutto può essere disegnato e l’individuazione del soggetto si configura come una azione profondamente democratica, perché non serve stupire a tutti i costi. Poco importa se la scelta cade su una foglia secca o una carta stropicciata, un solido geometrico o un paesaggio appenninico. L’atto primo è il guardare, scorgere un significato, un’azione che la mente è chiamata a fare continuamente per trovare un senso e un ordine a tutte le cose.

E poi c’è il disegno. Ciò che conta, infatti, è il disegno avvertito come elemento imprescindibile del processo di conoscenza. Nella visione dell’artista esso è l’azione prima, l’ambito privilegiato in cui la ragione osserva e si apre allo stupore, spazio interiore di meditazione, disciplina. Per Versari il disegno è un atto di conoscenza del mondo, oltre che di se stessi, esercizio della mente e della mano. Il disegno chiede prudenza e moderazione, responsabilità, perché come ricorda l’artista bisogna sapere anche quando occorre fermarsi: ogni segno deve essere pensato per entrare in dialogo con il tutto, in un costante equilibrio tra luce e tenebre, ordine e caos.

Molte opere di Versari sono il frutto di un lavoro paziente e di ponderate attese, di tempi calcolati. I grandi dischi dipinti, le sfere o le pitture su tavola chiedono, dalla preparazione del supporto fino all’ultimo segno inciso sopra, una piena dedizione unita ad un sincero rigore, perché ogni errore lascerebbe inesorabilmente una traccia. Eppure, in questo esercizio così misurato, che non ammette distrazioni, rimane costante la dimensione dell’imprevisto o della sorpresa, perché insita nella materia che si va ad incidere. L’oro, il rame o l’argento che caratterizzano molte delle opere di Versari sono infatti il frutto di un lavoro di scalfittura della superficie, in una costante ricerca di quella luce che emerge dalle tenebre. Ciò che è dato allo spettatore di vedere è il risultato finale di un lungo processo che parte dal rivestire tutte le superfici di sottilissime lamine metalliche per poi ricoprirle da un denso strato di colore nero. A questa accurata preparazione, che simbolicamente parrebbe sancire la vittoria delle tenebre sulla luce, si affianca un lavoro ostinatamente contrario, che partendo dalla materia oscura ricerca lo splendore. Ed è riflettendo su questo processo che si possono comprendere la meticolosità e la voluta casualità, la determinazione e lo stupore di ciò che emerge, perché l’artista non sa esattamente quale rifrazione luminosa – sia essa dorata, argentata o di caldo rame – si cela dietro al caos di quella notte che, grazie al suo gesto, cede inesorabilmente spazio all’aurora, in una inesausta ricerca di armonia.

 

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