IL SILENZIO DEL MONDO, EMANUELE MARIANI
IL SILENZIO DEL MONDO
Nell’apparente silenzio di un angolo di mondo, si annuncia la quiete notturna delle cose. Sul confine tracciato da una penombra incerta, lo sguardo si apre su di un sistema di forme: bicchieri, tavoli, bottiglie. Anonimi protagonisti del quotidiano srotolarsi delle ore, sospesi nello spazio che la tela dischiude, si rivestono di linee e colori per dissimulare una nudità inattesa. Il fuori diventa dentro, l’esterno s’interiorizza: la natura morta (fatta di frutta e vetri) si trasforma per diventare paesaggio dell’anima. Il gesto artistico ritorna qui alla sua funzione elementare: presentare o, meglio, rappresentare l’oggetto per il tramite della sua immagine. De-viando sulla tela, lo sguardo però smarrisce la via del ritorno e la «stessa» cosa rappresentata, finisce per non essere più la «stessa». Gli oggetti, a dispetto della loro parvenza realistica, si appropriano allora di un carattere d’alterità e nelle ombre che si stagliano in profondità sulla tela, s’incarna l’anima della materia: quest’eccedenza di senso che delimita e mette a nudo la forma dell’oggetto – ormai non più «cosa», ma metafora dell’umano. Il soggetto, invece, (la figura umana), quasi per una magia sbagliata si smarrisce nell’orizzonte dell’apparire, si relativizza fino a scoprirsi come il punto più lontano da sé, centro di gravità assente, «parte» di mondo, rivestito con lo stesso tessuto delle cose. L’oggetto si anima e il soggetto si reifica. Ce ne danno testimonianza questi volti muti, avvolti dal silenzio, quasi privati – nell’ineluttabile esposizione che il mondo impone – di ciò che più è proprio: l’anima, il luogo dell’identità. Ma è proprio nel ritrarsi del soggetto (simbolo della presenza) nei luoghi taciturni di queste nature morte, (… resta un po’ di vino nel fondo del bicchiere…), che si dischiude uno spazio d’accoglienza. Nella traccia sulla tela – che è gesto d’amore – abita il silenzio del mondo.
L’intento artistico è di ritornare alla semplicità (che non è sinonimo di facilità) del fare pittorico (e non solo), per riproporre quel gesto originario che veglia il nascere d’ogni volontà espressiva. La messa in discussione del primato del soggetto, il progressivo sgretolarsi della verità nella sua accezione metafisica, il proliferarsi dei linguaggi, tutto ciò che un tempo rese possibile l’apertura della stagione moderna, oggi rischia di perdersi e cristallizzarsi nei «dogmi» della nostra arte contemporanea, dove tutto è possibile, tutto è permesso e la vuota forma piange il contenuto assente. Si tratta allora d’investigare la struttura dell’apparire che, contro ogni facile nichilismo, conduce all’affermazione più difficile da enunciare: perché esiste qualcosa piuttosto che niente?
Emanuele Mariani
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