Bellezza aderente , Enrico Versari
Bellezza aderente
La parola design deriva dal latino “signum” che significa “segno”, dal punto di vista etimologico essa intende il disegno. Vilem Flusser, nel suo: “Filosofia del design”, va alla ricerca del significato del termine inglese, scoprendo che come sostantivo design indica: “Intenzione”, “proposito”, “piano”, “intento”, “scopo”, “figura”, “struttura di base”; come verbo: “architettare qualcosa”, “simulare”, “abbozzare”, organizzare”, “agire in modo strategico”. A ben notare il termine design copre una grande area di interventi e diventa difficile capire fino a che punto si espanda la propria zona di riferimento. Fu nel 1956 che in Italia, contemporaneamente alla costituzione dell’A.D.I. “associazione disegno industriale”, la parola “design” venne tradotta in “disegno industriale” e indicherebbe quel particolare settore della produzione industriale che accompagna al lato tecnico un elemento estetico. La produzione in serie caratterizza l’oggetto prodotto industrialmente e lo distingue dall’artigianato. Tomàs Maldonado, che fu rettore dell’hochschule fűr gestaltung di Ulm, nel 1961 cercò di chiarire il ruolo del designer che a suo avviso avrebbe il compito di coordinare tutti quei fattori che partecipano al processo costitutivo dell’oggetto industriale. Il design è un fenomeno sociale e i suoi prodotti sono fatti di “cultura materiale”. Strettamente collegata alla parola design è la parola “technè” ovvero “arte” e se l‘artista è colui che da’ forma a un materiale informe, qual è il rapporto del design con le arti? In molti saggi Gillo Dorfles ha analizzato i rapporti tra arti e disegno industriale; l’avvento della rivoluzione industriale per lui cambiò integralmente il destino dell’umanità, meccanizzando la produzione della quasi totalità degli oggetti d’uso, influendo in maniera decisiva sul modificarsi della percezione estetica dell’uomo post industriale.Dorfles è sempre stato contrario a considerare l’arte un qualcosa d’immutabile e trascendente , per lui l’arte, né come forma, tantomeno come funzione, può essere quella di un tempo; l’arte è un fenomeno mutevole e polivalente. Del resto Walter Benjamin, nel 1936, mise bene in evidenza il fatto che l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica perdette l’originaria aura e si trasformò, permettendo una fruizione laica da parte della società. Bruno Munari ed Enzo mari, erano dell’idea che oggigiorno fosse necessario demolire la figura dell’artista “divo” che produce opere solamente per un’élite di persone, l’arte secondo loro non dovrebbe restare estranea ai problemi della vita e l’artista nuovo, che cerca una forma coerente alla funzione dell’oggetto, dovrebbe ristabilire un contatto tra arte e pubblico. Ogni oggetto industriale racchiude in sé delle qualità formali che simboleggiano la sua destinazione d’uso, questo carattere simbolico-pratico- funzionale è posto alla base di tutti gli oggetti industriali. Per Giulio Carlo Argan un modesto bicchiere non svolge semplicemente una funzione pratica ma sopperisce a una funzione sociale; avrebbe anche una funzione simbolica nel momento in cui venisse usato per brindare. Ma il design può essere arte? Un’ interessante impostazione teoretica al concetto di disegno industriale è ravvisabile in Kant, che nella “Critica del giudizio”, nel 1790, distingue due tipi di bellezza: una la chiama bellezza libera, bellezza che non presuppone nessun concetto di ciò che l’oggetto debba essere, l’altra è invece la bellezza aderente ovvero un tipo di bellezza condizionata a cui soggiace un concetto di scopo particolare. Mentre la prima piace liberamente per se stessa e nel suo giudizio non è presupposto nessun concetto di scopo, nella seconda il concetto di scopo è invece presupposto e determina ciò che la cosa debba essere, in esso è presente il concetto di perfezione. Oggigiorno, l’arte, non essendo più mimesi del mondo che ci circonda e soprattutto non svolgendo più una funzione utilitaria, è considerata fine a se stessa e potrebbe essere definita un tipo di bellezza libera. Aderente potrebbe essere invece la bellezza degli oggetti industriali che, oltre ad avere una componente estetica, debbono possedere una caratteristica funzionale. “Bellezza applicata” dunque, che secondo il filosofo tedesco dovrebbe essere considerata buona piuttosto che bella, dal momento che svolge soprattutto un ruolo funzionale. Per cosa dovrebbe essere considerato buono il design contemporaneo?
Enrico Versari
“Il Falco Letterario” aprile 2009
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.